Uskok 17
USKOK 17
Si stava intervenendo per risolvere, in
via definitiva, gli annosi problemi
legati all’impaludamento dei laghi di Cepich e di Càrpano. I due specchi
d’acqua si allargavano o ritiravano seguendo il corso delle stagioni e le
conseguenti portate del fiume Arsa, dei suoi affluenti e di alcune sorgive
sotterranee. Il corso d’acqua principale nasceva alle falde del monte Maggiore
e proseguiva verso sud ovest per poi sfociare in un lungo canalone
che a sua volta raggiungeva l’Adriatico. I due laghi rendevano la zona circostante
malsana e gli abitanti erano spesso soggetti alle febbri malariche per cui era
urgente prendere provvedimenti
irreggimentando le acque e regolando gli afflussi ed i deflussi.
I lavori in progetto avrebbero anche
portato, nella zona di Càrpano, ad un
consistente miglioramento delle condizioni di vita dei minatori e dato un
nuovo impulso alle attività estrattive.
Ersilia aveva sempre vissuto in una
piccola casa poco lontana dal Cepich nei pressi del luogo dove, in tempi
remoti, sorgeva il convento di Nostra Signora del Lago. Dopo la morte di
entrambi i genitori continuò a vivere nella medesima abitazione in attesa che
qualcuno si accorgesse di lei. Né brutta né bella, né grassa né magra, ma
tendente ad allargarsi per cui doveva spesso intervenire sul suo misero
guardaroba, possedeva un carattere un
po’ originale, per chi la conosceva decisamente stravagante e riteneva che
tutto le fosse dovuto e che le occasioni per sistemarsi grazie ad un matrimonio che riuscisse a
coniugare l’amore e l’interesse, a
suo giudizio attributi essenziali di ogni unione,
sarebbero infine arrivate. In effetti
qualcuno bussò alla sua porta, ma la
giovane non giudicò mai vantaggioso ciò che le veniva offerto: se c’era
attrazione fisica difettavano le risorse economiche e viceversa se queste
ultime erano cospicue mancavano altri attributi.
A causa di queste sue esitazioni,
era evidentemente insicura e pretenziosa, superò la soglia dei trent’anni e ciò che
prima le appariva facilmente raggiungibile divenne un miraggio.
Si era ficcata in un vicolo cieco e,
contando le rughe del viso che ogni
giorno diventavano più profonde mentre svaniva
la speranza di crearsi una famiglia, iniziò a progettare di farla
finita. Dapprima fu un pensiero fugace, qualcosa di indefinito ed indefinibile
che appariva e scompariva nell’arco di qualche minuto, poi divenne un chiodo
fisso che la tormentava per tutto il giorno e parte della notte. E quale
soluzione migliore del gettarsi nelle acque del lago lasciandosi morire tra la
mota e le cannucce mentre un sonno ristoratore scacciava le sue
ossessioni? Ma per compiere un simile
gesto ci voleva coraggio e questo ad Ersilia difettava per cui i giorni
passavano inesorabili, lei si incupiva sempre di più e la decisione estrema
veniva rimandata. Era in attesa che le
acque del lago raggiungessero un livello tale da poterla coprire integralmente
assicurandole un’uscita di scena melodrammatica degna di un’attrice famosa che
abbandona il palco tra gli applausi. Ma nel luogo in cui si voleva immergere il
livello del lago era sempre basso ed
avrebbe rischiato di soccombere in un
viscido pantano anziché tra limpide
acque e questo mal si conciliava con il suo progetto.
Quando si iniziò a parlare della
bonifica, non era in realtà la prima volta anche se ora pareva quella
definitiva, Ersilia si preoccupò come se da questa imminente realizzazione
dipendessero il suo futuro ed il coronamento di un disegno studiato nei minimi
particolari: la donna aveva ormai perso il bene dell’intelletto e si recava
ogni giorno lungo le rive del lago per decidere dove
sarebbe stato più conveniente immergersi per farla finita prima che lo specchio
d’acqua venisse prosciugato.
Fu durante una di queste passeggiate che
incontrò Gavino, un sardo che era arrivato in Istria per impiegarsi nelle
miniere abbandonando poi il lavoro a causa di una grave forma di claustrofobia.
I superiori l’avevano licenziato in
tronco perché, non idoneo, oltretutto destabilizzava l’intera sua squadra con
pianti ed invocazioni d’aiuto.
Senza soldi né lavoro viveva di piccoli
espedienti e si affidava al buon cuore della gente del posto in maggioranza
d’origine valacca. Dormiva dove gli capitava ed a volte raggiungeva il lago per
pescare qualche tinca con cui riempire lo stomaco.
Quando alla società carbonifera imperiale
subentrò quella italiana, si aprirono
grandi possibilità di lavoro non solo per i locali, ma anche per gli altri
abitanti della penisola: gli uomini, ma anche le donne ed i bambini, venivano reclutati
ad Albona e da qui redistribuiti,
secondo necessità, nelle miniere della zona: alle maestranze per la maggior
parte slovene e croate ma anche ceche e polacche si stavano affiancando
minatori toscani, bellunesi e di altre provenienze.
Gavino se ne stava, solo e sconsolato, in
riva al lago osservando le martore che si muovevano a poca distanza.
Ossessionata dal proprio progetto di morte Ersilia lo vide ed immaginò che
anche quell’uomo, che appariva cupo e nervoso, avesse propositi simili ai suoi ed in questa convinzione si
decise a rivolgergli la parola. “Anca ti ti vol farla finida”. Lui l’ascoltava
confuso ed imbarazzato perché, pur essendo in preda alla più nera disperazione,
mai aveva concepito un gesto estremo. Ne seguì più che una conversazione un
monologo surreale in cui la donna si
rivolgeva all’uomo come se fossero compagni di sventura arrivati in riva al
lago con l’intento di suicidarsi.
Il minatore era per lei
quell’elemento decisivo, la pedina mancante per coronare un sogno, perché tale
lo considerava, a lungo vagheggiato. Avrebbero potuto farsi coraggio a vicenda
ed immergersi tenendosi per mano così affrontando la dolce morte che elimina
ogni cattivo pensiero. Mentre Ersilia proseguiva in questo discorso strampalato
svelando il proprio piano e convincendosi sempre di più che anche il suo
interlocutore fosse ad un passo dal prendere una decisione estrema, Gavino la
osservava trasalendo ad ogni suo cambio d’espressione e cercando di
interrompere quel profluvio di parole
frutto di una psiche visibilmente alterata.
La donna andò avanti per parecchi minuti
confidando allo sconosciuto le proprie pene e confessando i propri errori di
gioventù: era giunto il momento per affrontare la realtà e tirar fuori quel
coraggio che, in altre occasioni e da
sola, non aveva saputo trovare. Si avvicinò a Gavino e d’improvviso lo sospinse
verso un punto del lago dove l’acqua pareva più profonda. Preso alla sprovvista
l’uomo prima barcollò, poi riuscì a ritrarsi scaraventando Ersilia in un
canneto che contornava una sorta di avvallamento in una zona erbosa e quasi
asciutta.
In quel preciso momento le campane del
vicino paese iniziarono a suonare ed Ersilia ebbe come un ripensamento: forse
quell’uomo non era stato messo sulla sua strada per incoraggiarla a compiere un
gesto estremo, ma era la persona che tanto aveva atteso e che ora si era
palesata per intercessione della Signora del Lago.
Gavino, che sapeva interpretare l’animo
umano e riusciva spesso a leggere nella mente di chi gli stava di fronte, approfittò del
momento favorevole, dell’ occasione propizia
per afferrare saldamente la donna, toglierla dalle cannette e gettarla
sul prato poco distante. Ersilia non
oppose resistenza, non fece il benchè minimo tentativo per sottrarsi a quel forte abbraccio anzi, prima che le campane cessassero di suonare,
si era già accorta dell’errore che stava per commettere.
I lavori per il prosciugamento del lago
di Cepich proseguirono spediti, si individuarono parecchie sorgenti sotterranee
ed infine fu scavato quel tunnel che avrebbe consentito, in poche ore, alle
acque di defluire verso il canale di Fianona riversandosi poi nell’Adriatico.
Anche il più piccolo lago di Càrpano
sparì ed il corso dell’Arsa fu incanalato sino a raggiungere il fiordo che si
estendeva, dalla parte opposta, sino a
raggiungere lo stesso mare.
La superficie del bacino lacustre più
grande divenne fertile terreno di coltura ed Ersilia scoprì di essere la
fortunata proprietaria di una parte di questi nuovi appezzamenti.
Quel sardo minuto, ma estremamente
energico divenne un instancabile contadino, scordò le miniere e si mise
d’impegno per generare una nidiata di eredi per la soddisfazione sua e
dell’amata compagna: si era evidentemente trovato nel posto giusto al momento più
opportuno.
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