Livigno e la val Monastero cap. 15
Quando il nonno di Anna si assentò dalla malga per raggiungere Livigno e confrontarsi con il grigionese la ragazza e Manfred approfittarono dell'isolamento e vissero come sposini novelli cementando la loro unione.
Al mattino accudivano quelle tre vacche che erano rimaste in stalla, ripristinavano i camminamenti coperti dalla neve caduta nella notte e sbrigavano le faccende domestiche poi, dopo aver pranzato, calzavano le ciaspole e vagavano tra le montagne rincorrendosi ed abbracciandosi in un'incruenta lotta corpo a corpo. A volte Anna tirava fuori lo slittino e si lasciava scivolare verso il torrente o sulla strada del passo dalla malga alle prime gallerie. Con il ritorno del nonno le cose cambiarono e Manfred ritornò a dormire sul sofà presso il caminetto. Durante la notte, mentre il vecchio non riusciva a prender sonno preoccupato per le decisioni che l'amico grigionese avrebbe preso e per la soluzione cui non aveva voluto accennare, sentiva qualcuno muoversi nel corridoio accanto alla sua stanza e, con passi felpati, raggiungere la camera della nipote. Seguivano sommessi brontolii, risolini strozzati, esclamazioni di giubilo che indicavano come lì si svolgessero intense attività su cui non era opportuno ne discreto indagare. Il vecchio allora sorrideva sornione e si girava dall'altra parte ricordando i suoi anni più belli e l'amata consorte che una violenta malattia gli aveva portato via.
Comunque la fine dell'Inverno e la riapertura della strada erano prossime e tra poco avrebbero saputo come il grigionese intendesse risolvere la complessa situazione e rimanevano in attesa dell' incontro.
Il giorno fu infine fissato e coincise con l'alzo della sbarra, in contemporanea, a Bormio ed a Prato.
"Portatemi sul luogo dove avete nascosto il cadavere di mio nipote" esordì il grigionese che, dal tono della voce, non appariva molto propenso a raggiungere un compromesso. "Ho meditato a lungo su ciò che è accaduto ed ho parlato con mia figlia e mio genero a Zernez. Loro naturalmente non sanno e non sapranno mai ciò che qui è successo, ma li ho convinti, come se il loro ragazzo fosse ancora in vita, a concedermi la sua patria potestà. In caso non fossero d'accordo avrei messo di mezzo un avvocato e sarei ricorso al verdetto del Tribunale. Hanno accettato con una facilità che, ancora una volta, mi ha convinto della totale loro indifferenza. Forse attendevano questa mia mossa e nulla hanno obiettato. Li ho diffidati dal cercare, negli anni a venire, una riconciliazione o solo un riavvicinamento con il figlio di cui non si erano mai occupati". Detto questo rinnovò la sua richiesta di essere portato nel luogo ove giaceva il defunto Mario e, qui giunto, fece allontanare Anna, il nonno e Manfred e si raccolse in preghiera.
Dopo una mezz'ora ritornò nella malga e riprese il discorso interrotto: "Tu- disse rivolto alla ragazza- tornerai a Venezia per terminare quegli studi che hai interrotto. Tu, Manfred, invece verrai con me alla malga del Rims e mi aiuterai nel caseificio, come faceva mio nipote cui ti sostituirai a tutti gli effetti anche facendoti passare per muto ed un po', diciamo così, originale. Io ti fornirò i documenti del mio defunto nipote, a cui un pochino assomigliavi, ma questo ha un'importanza relativa e ti terrò sul filo del rasoio per tutto il tempo necessario, a mia discrezione. Voi due giovani rimarrete separati a lungo mentre Anna terminerà i propri studi ed in questo periodo potrete testare la solidità dei vostri sentimenti". Tacque per parecchi minuti squadrando i volti congestionati dei tre che gli stavano di fronte e che non sapevano se essere soddisfatti per quelle decisioni o preoccuparsi per le difficoltà che avrebbero potuto intervenire. "Tu amico mio- disse infine rivolto al valtellinese- non hai nessuna colpa e continuerò a fornirti i miei formaggi come se nulla fosse accaduto".
Passarono circa due anni, Anna si laureò a Venezia e Manfred, in questo periodo, ebbe la possibiltà di incontrarla solo due volte in occasione di altrettante visite che la giovane fece al nonno.
Alla fine di questa prolungato esilio si scoprirono più innamorati che mai e decisero di sposarsi nella chiesetta di Valchava essendo Manfred di religione protestante.
Dopo il matrimonio il giovane riacquistò miracolosamente la parola, così decisero di gestire sia la malga di Bormio (data in gestione) che quella del Rims. I due vecchi erano scomparsi, a pochi mesi uno dall'altro, dopo aver sommerso di raccomandazioni i nipoti, quella di sangue e quello acquisito, in due successivi Inverni nelle loro baite in vista dei due opposti versanti delle medesime montagne. Gli edifici vennero trasformati ed ampliati sino a diventare accoglienti locali in cui i turisti effettuavano volentieri una sosta sia per uno spuntino o un acquisto di prodotti caseari che per un pernottamento. Dalla parte svizzera fu realizzata una pista, poco più dell'allargamento di un sentiero già esistente percorribile solo da fuoristrada, che unì il fondo valle con la malga del Rims. Anna e Manfred diventarono cittadini svizzeri e, durante il lungo Inverno, si cimentavano ancora con le ciaspole e si tiravano, come due ragazzini, le palle di neve in uno scenario fantastico di strade impercorribili e montagne innevate, torrenti gelati e col vento che soffiava nella galleria in cui, solo loro, riuscivano ancora ad individuare i segni ormai sbiaditi lasciati da un camion di cui si erano perse le tracce.
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