Livigno e la val Monastero.   Cap. 14

 

 

I due anziani si incontrarono dunque a Livigno in una locanda al limite meridionale del lago. Il nonno di Mario comprese immediatamente che qualcosa di tragico era avvenuto alla malga di Bormio e non interruppe mai l’amico che descriveva gli avvenimenti con un filo di voce, evidentemente sconvolto,  anche se il locale era deserto e nessuno, tranne lo svizzero,  avrebbe potuto sentire.

Saltava da un argomento all’altro accavallando spesso le parole tanto che il suo discorso appariva sconclusionato e spesso si faceva fatica a capire quale fosse  il soggetto della frase. Ripeteva concetti già espressi in precedenza e, come in una sorta di litania: “Manfred mi pare un bravo ragazzo e Anna gli si è subito affezionata” senza prima specificare chi fosse questo Manfred e che ruolo ricoprisse nella narrazione.

” Egli ha reagito d’impulso ad un attacco improvviso di tuo nipote che lo aveva aggredito alle spalle. Una disgrazia, non ci sono dubbi, ma temiamo che qualcuno non creda alla nostra versione. Tu conosci meglio di me Mario, il suo carattere difficile, hai senz’altro subito i suoi scatti d’ira e quindi sei in condizione di poter giudicare. Siamo sempre stati buoni amici, schietti e sinceri, mai un litigio, un attrito, mai una seria divergenza se non sui sentieri da percorrere  in montagna. Ora a te il compito di decidere se prestar fede al mio racconto o farti assalire dal dubbio: in ogni caso cercherò di comprendere le tue ragioni e  non ti toglierò la mi amicizia”.
Un discorso accalorato che il grigionese ascoltò in silenzio mentre calde lacrime gli scorrevano  lungo il volto  bagnando le profonde rughe che  una vita di tormenti gli aveva disegnato.

Certo che conosceva il carattere del nipote: negli ultimi anni egli era passato dagli attacchi verbali a quelli fisici e più di una volta il vecchio si era dovuto rifugiare nel caseificio trincerandosi all’interno. Di tutto ciò i veri responsabili erano i suoi genitori,  la figlia ed il genero, che  avevano abdicato alle proprie responsabilità  dimostrando un mostruoso cinismo. Era da tempo intenzionato a rivolgersi al Tribunale del cantone per reclamare i propri diritti e chiedere un supporto economico ma ora, ascoltando il racconto dell’amico, stava sviluppando una nuova idea.

Prima di ritornare alla malga del Rims avrebbe fatto una piccola deviazione raggiungendo Zernez: nessuno dei suoi congiunti  doveva però sapere ciò che era accaduto alla malga di Bormio. Si sarebbe limitato ad aggredirli verbalmente pretendendo gli venisse riconosciuta, com’era suo diritto, la patria potestà di Mario. Figlia e genero da quel momento dovevano sparire dalle vite di nonno e nipote rinunciando ad ogni pretesa presente e futura. Era una mossa azzardata che teneva conto della nuova situazione venutasi a creare ma,  esercitando quel suo diritto che il   Tribunale gli avrebbe sicuramente  concesso, sarebbe riuscito a mettere un minimo d’ordine nella propria vita ed a riacquistare quella tranquillità persa da ormai troppi anni.

Rimase in silenzio per alcuni minuti, un periodo che al nonno di Anna parve eterno poi, misurando ogni parola, rispose: “Dove avete seppellito Mario?  Vorrei venire a pregare sulla sua tomba dandogli un ultimo saluto. Una volta, in un raro momento di sincerità e con una calma per lui inconsueta, mi aveva confidato d’essersi innamorato  di Anna. Io ascoltavo senza replicare ben sapendo che si stava scavando la fossa con le proprie mani: un rifiuto lo avrebbe definitivamente annientato!

Ho in mente un piano che potrebbe allontanare  ogni sospetto sul vostro conto,  tuo, di tua nipote e di questo fantomatico tedesco che vorrei presto conoscere e nel contempo assicurarmi un minimo di serenità dopo tanti anni burrascosi. Da quello che ho capito Manfred non intende più ritornare  in Germania e nei nostri paesi nessuno lo conosce come nessuno, almeno in tempi recenti,  ha mai frequentato Mario e, se dovessimo chiedere a Santa Maria, si sarà fatto vedere (di sfuggita) in paese due o tre volte al massimo. Lavorava nel nostro piccolo caseificio ed anche quando io scendevo in valle per farmi prestare il mezzo con cui ti avrei consegnato la merce, non voleva entrare in ditta e mi aspettava in un posto fuori mano: magari temeva un incontro con i genitori che odiava con tutte le proprie forze. Se riuscirò a farmi assegnare la patria potestà farò in modo che né a mia figlia, né a mio genero e tantomeno alla ragazzina  venga la malaugurata idea di tentare una riconciliazione o soltanto un riavvicinamento con il figlio e fratello: devono tenersi alla larga da qui all’eternità. Non dovranno mai sapere che Mario è sepolto presso la tua malga e, se ancora possiedono un minimo di cervello, non cercheranno di mettersi contro una sentenza del Tribunale.  Ma forse sarà sufficiente la minaccia di dover affrontare un processo per abbandono di minore, visto che loro me lo hanno affidato quando era ancora un bambino. Lasciamo le cose come stanno sino alla fine dell’Inverno, poi mi farò risentire e ti esporrò nei dettagli i particolari del mio piano.

I due vecchi si separarono dopo un lungo abbraccio: il valtellinese ritornò a Bormio e rimase per qualche giorno a casa di un parente, il grigionese, carico come un fucile appena innestato, prese invece la via dell’Engadina.

 

 

Commenti

Post popolari in questo blog

Livigno e la val Monastero cap. 15

LA GRANDE CASA SOPRA BELLAGIO CAP. 2