LA GRANDE CASA SOPRA BELLAGIO CAP. 2

Erica accompagnò più volte suo padre alla grande casa e sempre c'era Silvano ad attenderla: siccome il medico preannunciava la sua visita con almeno un giorno d'anticipo, il ragazzo aveva istruito la vecchia domestica in modo da esserne  immediatamente informato.

La ragazza dapprima parve apprezzare, poi iniziò a spazientirsi e non fece nulla per nasconderlo. Silvano non lo sapeva, ma lei aveva da poco troncato una relazione con un giovane di Como e si voleva concedere una pausa riflessiva prima di gettarsi in una nuova avventura.

Doveva  essere lasciata in pace e non sentirsi il fiato sul collo e poi, se proprio avesse dovuto scegliere, ma si sarebbe messa con un milanese. Considerava gli abitanti della città degli alienati, molto snob, con la puzza sotto il naso, stressati come la madre di Silvano, dei veri bauscia incapaci di apprezzare le piccole gioie della vita. 

Lei aveva perso la madre quando aveva poco più di dieci anni. La donna era uscita in barca con un'amica, ma non le avevano mai viste rientrare. Parecchie settimane più tardi l'imbarcazione si era arenata a Pescallo e delle due donne, malgrado le intense ricerche, non si erano mai recuperati i corpi. Da piccola il padre la consolava dicendole che la madre era andata a vivere sull'isola Comacina insieme  agli angeli, ma lei era abbastanza sveglia per capire che la stava ingannando.

Quando si fece più grandicella il fatto che non avessero mai ritrovato i corpi della madre e  dell'amica la portava ad immaginare che le due non fossero davvero annegate, ma che le si volesse nascondere qualcosa. Delle divergenze con il padre? Non riusciva a crederlo! In realtà  i suoi genitori  si amavano e lei ne era testimone;  magari qualche volta il dottor Luini, che  aveva un carattere un tantino spigoloso ed una profonda voce baritonale, aveva alzato il tono, ma nulla di  così importante. Infatti i due coniugi si riappacificavano immediatamente, ancor prima che fosse pronunciata l'ultima parola. Purtroppo,  dopo la scomparsa della madre di Erica, furono messe in circolazione delle false ricostruzioni dei fatti,  i soliti pettegolezzi di paese basati sul nulla. Il medico comunque, a dimostrazione dell'affetto che nutriva per la moglie defunta,   non si era mai più voluto risposare e troncava sul nascere le avances di qualsiasi tipo, anche da parte di donne di classe e molto avvenenti che, data la sua posizione sociale, gli correvano appresso. 

Nel periodo in cui Silvano aveva iniziato a ronzarle attorno, Erica si trovava dunque in una fase complicata della propria esistenza e non intendeva affrontare altri dispiaceri oltre a quelli che già l' angustiavano.

Silvano rimase spiazzato per quel comportamento indecifrabile della ragazza e ne attribuì una parte ai commenti  non richiesti della madre che, in  sua presenza, ripeteva  al figlio: "Vi vedo bene insieme. Tu Erica potresti impiegarti presso lo studio di mio marito a Milano e tuo padre, che è un ottimo professionista, potrebbe fare maggior carriera in città". Una mancanza totale di tatto cui la ragazza, visibilmente arrossendo,  non sapeva come controbattere confusa com'era e rimaneva in attesa che Silvano intervenisse.

Ma il ragazzo non interveniva pur dando segni di nervosismo ed a lei questo proprio non andava giù.

Silvano non riusciva a rassegnarsi: Erica aveva proprio fatto breccia nel suo cuore e, malgrado l'accoglienza non fosse delle migliori, continuava a farsi vivo  in occasione delle visite del medico che, purtroppo, tra qualche settimana, tolto il gesso,  non avrebbe più avuto bisogno dell'autista.

Doveva giocare bene le proprie carte e farlo immediatamente.

Il dottor Luini e la figlia arrivarono un giorno a Pra Filippo mentre le tre betoniche, LaMaria vegia, la Maria del curat e la Virginia erano ancora presenti. Erano presenti anche Silvano e, naturalmente, sua madre. La Maria del curat, senza il minimo  tatto, accennò alla scomparsa della madre di Erica e fece una lunga disquisizione sulla fedeltà coniugale e sui doveri dei coniugi citando il Cantico dei cantici che proprio non c'entrava nulla. Terminò con una frase un po' sibillina: "Chisà cum'è che l'è andada....." con una lunga sospensione più esplicita delle parole. Il dottor Luini era diventato rosso per la rabbia, le altre due donne invece assentivano alzando le braccia al cielo. Ottilia cercava di nascondersi per l'imbarazzo, ma si accorse che la frittata ormai era fatta. Erica si staccò dal gruppetto e, senza proferir parola, si rifugiò sulla Seicento. Solo Silvano ebbe il coraggio di replicare: "Non vi vergognate del vostro comportamento? Tagliatevi quelle  lingue biforcute ed uscite da questa casa in cui le vipere non sono ammesse! E tu, mamma, come fai a sopportare persone di questo genere? Invece di dichiararti malata per trecentosessanta giorni all'anno prendi in mano una scopa ed aiuta la nostra vecchia domestica che non ce la fa a star dietro a questa casa troppo grande". Aveva parlato d'impulso, non certo per ingraziarsi Erica, che però aveva udito tutto e stava ritornando sui propri passi. 

Da quel giorno tutto cambiò: Ottilia quasi smise di assumere medicinali e di dichiararsi malata, le tre comari scomparvero facendosi piccole piccole e raggiungendo la strada che le avrebbe ricondotte a casa, la vecchia domestica, che aveva sentito tutto dal poggiolo, corse dentro per prendere una scopa e portarla alla padrona, Silvano si rese conto di aver fatto una bellissima figura agli occhi della ragazza di cui era innamorato ed il giardiniere, che stava arrivando dallo chalet, inforcò il suo Garelli e si diresse verso casa con il viso soddisfatto di chi ha assistito ad una scenata storica ed avrà  molto da raccontare agli amici.

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