Uskok 4
USKOK 4
Partirono dunque in
quattro: Eliza, Ivan, Fiorina ed il chioggiotto con il carro svuotato da ogni
merce e presero questa volta la via più diretta verso il Quarnaro e l’Istria.
Il vecchio comandante aveva raccomandato loro di usare la massima prudenza e di
evitare i sentieri più battuti che
scendevano verso Segna.
Fecero tappa in un minuscolo paesino, quattro case messe
in croce, per far riposare i cavalli e
qui, per la prima volta, sentirono parlare dell’orribile delitto che aveva
sconvolto tutti gli abitanti di una vasta zona della Carniola: un fornaio e la
sua giovane figlia erano stati accoltellati senza motivo alcuno, almeno così
assicuravano i compaesani, e i loro corpi gettati in un torrente. Non era una rapina perché
nulla era stato sottratto dal loro carro che, con i cavalli ancora agganciati,
aveva terminato la propria corsa in un prato poco lontano.
Al momento i quattro non
diedero molto peso alla cosa: dopotutto non erano in alcun modo coinvolti, ma al chioggiotto,
che era pronto di cervello e sapeva mettere insieme avvenimenti apparentemente
scollegati tra loro, venne un atroce
sospetto: erano forse loro le vittime designate? Fiorina si era aggregata al
gruppo all’ultimo momento e senz’altro il fratello ignorava la cosa e comunque
non avrebbe osato commissionare il delitto sapendola coinvolta. In definitiva
il fornaio e la figlia erano le vittime di un atroce equivoco: i sicari li
avevano accoltellati scambiandoli per Eliza ed il vecchio mercante.
Se le cose stavano
realmente così, e c’erano notevoli
probabilità che lo fossero,
dovevano tenersi alla larga da
Albona e raggiungere la zona di Segna seguendo un itinerario tortuoso, che era
poi quello suggerito dal comandante,
facendosi traghettare sull’isola di Cherso per raggiungere poi le isole di
Veglia, San Gregorio e Pervicchio.
Il chioggiotto aveva degli
agganci in zona, ma ignorava che a Cherso alcuni uscocchi, in realtà non più di
sei, stavano organizzando una spedizione per poter ritornare a Segna da
padroni. Artefice dell’ impresa, non occorreva grande immaginazione per
scoprirlo, era il vecchio comandante
che, in preda ad un delirio senile, non era riuscito a ben comprendere lo stato
in cui versavano attualmente quelli che furono feroci pirati e l’assoluta che
riuscissero a riscattarsi sia nel breve che nel lungo periodo.
Ivan ignorava la faccenda:
non avevano ritenuto opportuno informarlo perché i sei sciagurati visionari ed
il settimo rimasto dietro le quinte non a torto ritenevano che egli, persona
pratica e con i piedi per terra, mai
avrebbe approvato un simile progetto.
Seguendo un tortuoso percorso egli arrivò sull’isola
di Cherso e qui incrociò, uno degli uscocchi coinvolti nel complotto e rimase a dir poco sbigottito dal suo racconto in cui la cruda realtà e la
sfrenata fantasia si fondevano in un incubo.
Per farla breve i sei
andavano incontro a morte sicura.
Essi, messi al corrente
delle intenzioni di Ivan, che cercò a dire il vero di dissuaderli dal compiere
un’impresa tanto disperata, si fecero promettere che, se avesse rinvenuto quel
tesoro che sperava di rinvenire, parte del bottino sarebbe stata devoluta a
loro favore per concludere un’impresa che ritenevano santa e giusta.
Ivan promise poi proseguì
con Eliza, Fiorina ed il chioggiotto alla volta dell’isola di Veglia.
Brevi tragitti via mare e
qualche passaggio su sgangherati carri di masserizie li fecero arrivare nella
parte sud dell’isola.
Ora avevano solo da
scegliere tra San Gregorio e Pervicchio.
Ivan ricordava un paesaggio roccioso, un ambiente squallido, impervio e senza alberi, quindi qualche
indizio lo possedeva.
L’isola di San Gregorio
era verdeggiante e quindi decisero di
puntare sull’altra circumnavigandola sino a che non avessero individuato lo
spuntone a forma di remo che tanto gli era rimasto impresso.
Il chioggiotto era grande
amico di un pescatore di Besca, nella parte sud di Veglia, lo aveva aiutato in
periodi di carestia e l’aveva messo in condizione di poter uscire per mare e di
esercitare un modesto commercio sull’isola: gli forniva piccole quantità di
merce, roba che a lui non interessava, ma aveva dovuto ritirare dagli uscocchi
insieme ad altra più pregiata, da rivendere nei centri di Dobrigno e
Castelmuschio. Il pescatore mise a
disposizione del gruppo due piccole imbarcazioni con le quali i quattro raggiunsero l’isolotto
proseguendo poi in tondo nella speranza di individuare ciò che cercavano.
Ivan si era sempre
meravigliato per l’enorme differenza che caratterizza il paesaggio delle isole
dalmate: alcune sono scogli desolati dove cresce a stento qualche contorto arbusto,
altre sono verdissime, coperte di alberi, regno incontrastato di ogni tipo di
selvaggina. San Gregorio e Pervicchio erano distanti pochissime miglia, ma la
prima risaltava in un mare azzurrissimo per la folta vegetazione, la seconda
era più simile ad una bara di granito.
Comunque, dopo tanto
girovagare, scorsero il roccione dalla forma bizzarra che cercavano e si
fermarono sotto l’antro che si intravvedeva circa tre metri sopra il pelo
dell’acqua.
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