Uskok 3

 USKOK 2

Alvise era il penultimo di quattro fratelli: viveva con la famiglia ad Albona, ma spesso si spostava ad Idria, nella Carniola, dove il padre Marco ed uno zio possedevano una miniera di mercurio.

Albona in quei tempi era sotto il dominio di Venezia mentre Idria e la Carniola appartenevano all’Austria. Ne conseguiva che, per vivere serenamente e prosperare economicamente lui, i fratelli ed il padre dovevano mantenere buoni rapporti sia con gli emissari della Serenissima che con i  rigidi funzionari Asburgici.

Negli ultimi anni Alvise si era anche dedicato  ad un modesto  commercio  tra Chioggia, Venezia e la costa occidentale dell’Istria in questo supportato dal padre che l’aveva introdotto nella  cerchia dei mercanti che esercitavano la loro attività, con esperienza e perizia,  lungo le rotte più profittevoli.

I due fratelli maggiori erano ormai stabilmente insediati ad Idria, mentre l’unica sorella viveva nella casa paterna non essendo ancora in età da marito.

Marco sfruttava le proprie conoscenze d’oltralpe per ottenere un trattamento di favore da parte degli uscocchi: in pratica, attraverso un mercante di Chioggia, acquistava a Segna a poco prezzo le merci che erano in precedenza state sottratte alle galere  venete o d’altra provenienza in transito nei pressi dell’isola di Veglia e le rivendeva su diversi mercati, tra cui il principale di Venezia,  occultandone naturalmente l’origine.

Teneva, come si suol dire, il piede in due scarpe cercando di trarre il maggior profitto dallo sfruttamento di quelle zone d’ombra che sempre si creano tra due potenze antagoniste  impegnate a mantenere il loro prestigio su territori limitrofi dai  confini non ben definiti.

La cosa gli riusciva assai bene e traeva grande tornaconto sia dalla miniera che dal commercio che da alcuni terreni agricoli nell’entroterra di Albona.

Alvise aveva già effettuato alcuni viaggi a Segna in compagnia del mercante chioggiotto e programmava di farne degli altri sempre rispettando le regole di prudenza ed anonimato. I due raggiungevano il porticciolo della località dalmata a bordo di un’agile brazzera, contrattavano la merce stipata sul molo con il montenegrino e facevano immediato ritorno a Rabaz evitando accuratamente, ove possibile, il mare aperto. Da Rabaz, che era il porto di Albona, la merce proseguiva via terra verso la costa occidentale dell’Istria, veniva caricata a Parenzo o Rovigno su altri natanti ed infine raggiungeva i mercati finali: un giro tortuoso per inquinare le acque e sviare possibili sospetti.

Quando in luogo del montenegrino trovarono la bella Eliza alcuni mercanti tentarono di concludere buoni affari immaginandola arrendevole, più morbida del suo predecessore, ma subito si accorsero che la donna era molto più coriacea ed aggressiva di quanto lasciava supporre il suo grazioso aspetto: mai avrebbe ceduto senza avere la meglio.

Ad Alvise lei piacque subito, si perdeva nei suoi profondi occhi chiari ed apprezzava il modo in cui sapeva trattare lui e gli altri mercanti che, affascinati, le lasciavano sempre l’ultima parola. Raggiungeva spesso, con fermezza e appropriate argomentazioni, risultati migliori di quelli del suo collega ormai sparito dalla circolazione.

Ma non era solo il montenegrino ad essersi eclissato: parecchie case di Segna si erano svuotate e stranamente  gli uscocchi uscivano poco in mare. Qualcosa  stava accadendo, ma nessuno, almeno tra gli uomini presenti,  aveva notizie precise.

Il chioggiotto si informò a Venezia e venne a sapere che era in corso una guerra tra la Serenissima e la Casa d’Austria: i due eserciti si stavano affrontando in campo aperto a Gradisca, nel basso Friuli, e la città lagunare stava per avere la meglio.

In Istria non si avvertivano però cambiamenti e nessuno avrebbe immaginato che, a poche decine di chilometri, si stesse combattendo un’aspra battaglia che avrebbe avuto vaste ripercussioni sulla sorte degli uscocchi.

Essi infatti immaginavano, non senza validi motivi, che se gli Asburgo avessero capitolato, per loro sarebbe stata la fine. La Serenissima mal sopportava le continue incursioni dei pirati, aveva cercato di scendere a patti, ma ogni trattativa si era dimostrata inconcludente. Era quindi passata alle vie di fatto scontrandosi  con l’acerrimo nemico.

Il montenegrino aveva annusato l’aria per tempo e, dopo aver avvertito gli amici più intimi ed alcuni parenti, si era spostato con la famiglia verso l’entroterra, il Velebit ricco di grotte ed altri nascondigli,  dove i turchi non erano ancora arrivati.

Eliza non era al corrente di ciò che stava accadendo ed aveva accettato il suo nuovo incarico considerandolo un riconoscimento postumo della comunità uscocca nei confronti del valoroso padre ed una ricompensa  per i ricchi bottini  procurati dal coraggioso fratello che batteva senza sosta le vie del mare.

La sorte dei pirati era comunque segnata ed Alvise, nei rarissimi momenti in cui rimanevano da soli a trattare presso la banchina del porticciolo, ne informò Eliza e, ormai perdutamente soggiogato dal fascino della ragazza, la invitò ad abbandonare Segna a bordo della propria imbarcazione.

Avrebbero costeggiato l’isola di Veglia dal lato occidentale sino ad arrivare a Rabaz e qui sarebbero approdati. Suo padre li avrebbe senz’altro ospitati in una delle tante case che possedeva.

La giovane rimase confusa e disorientata, ma ben presto si riprese e intuì, era molto sveglia e sapeva prendere rapide decisioni, che qualcosa di strano stava effettivamente accadendo e le parole di Alvise non  erano solo frutto di una fregola momentanea, ma rispecchiavano una situazione preoccupante.

D’altro canto quel bel giovane alto e dinoccolato, che era in preda ad una evidente eccitazione ed a stento riusciva a dominarsi,  non le era completamente indifferente e se il timore di rimanere per sempre intrappolata in quel luogo che ormai detestava svolse un ruolo fondamentale, anche il desiderio di esplorare nuovi orizzonti in compagnia di  una persona attraente e gentile la convinse ad accettare.

“Ritieni che la situazione sia veramente compromessa? Se dovessi decidere di seguirti dove mi porteresti?” Alvise vedeva finalmente aprirsi uno spiraglio, una possibilità di raggiungere lo scopo che si era prefisso e lo sfruttò appieno.

“ La mia famiglia possiede enormi ricchezze e mio padre potrà  ospitarci in una delle sue dimore sia in terra austriaca che veneziana. Fidati di me e non te ne pentirai!”.

Eliza si fidò anche perché non esistevano altre alternative e, in compagnia di Alvise e del chioggiotto, salì sull’imbarcazione che subito si diresse verso Veglia doppiando  lo stretto tra questa e Pervicchio per poi proseguire verso nord.

Il mare era calmo, una leggera brezza spirava da nord est ed il giovane osservava estasiato il viso della ragazza che in quel frangente appariva stupendo, di una bellezza per lui  ineguagliabile.

La lunga gonna lasciava scoperte solo le bianche caviglie, ma Alvise era eccitato come se la giovane si fosse completamente denudata dinanzi a lui: aveva abboccato all’amo e si lasciava trascinare in un vortice di emozioni mai provate o perlomeno non in eguale misura. Si sentiva, allo stesso tempo, dominatore e sottomesso, felice per la decisione della giovane, ma non convinto che essa dipendesse soltanto da una reciproca infatuazione e non dalla volontà di sfruttare un’opportunità per allontanarsi da quella trappola per topi che  Segna, ne era ormai certa anche la giovane, stava diventando.

Non aveva tutti i torti poiché  Eliza stava cercando di comprendere se, in quella scelta affrettata,  fosse preponderante il proprio interesse per quel giovane o se volesse solo  sfuggire ad un imminente pericolo. Comunque alla fine decise ed abbandonò, senza troppi rimpianti il luogo, in effetti un po’ cupo,  dove aveva trascorso, senza mai allontanarsene, l’intera  esistenza. Probabilmente sarebbe stata una scelta definitiva, ma era più che convinta che  se di Alvise si fosse fatta un’opinione sbagliata almeno avrebbe raggiunto il risultato di potersi staccare, non solo fisicamente, da quell’angolo di mondo che ormai detestava e da quella gente rozza e primitiva.

Dal canto suo Alvise, mentre l'imbarcazione proseguiva spedita verso Rabaz,  già immaginava quali conseguenze gli sarebbero derivate da quel legame:  opposizioni da parte della famiglia, intralci nelle relazioni sociali, guerra aperta sul fronte veneziano e  diffidenza su quello austriaco. Era dunque opportuno  nascondere le vere origini di Eliza ed assicurarsi che il chioggiotto e gli altri mercanti coinvolti nei traffici illeciti mantenessero il silenzio. Ma ne valeva la pena perché la posta in gioco era troppo allettante.

In realtà ai mercanti non conveniva rendere di dominio pubblico un fatto che li avrebbe  danneggiati perché sarebbero venuti a galla i loro loschi affari con tutte le conseguenze del caso.

Alvise doveva comunque decidere come gestire una situazione che l’avrebbe isolato dal resto della società in cui abitualmente si muoveva: il suo colpo di testa, a conti fatti, poteva metterlo nei guai e di quelli grossi. Era improbabile, se non addirittura impossibile, che la giovane potesse essere  accettata in un ambiente ostile, carico di pregiudizi che considerava gli uscocchi dei reietti da sopprimere prima che producessero nuovi danni oltre a quelli già provocati.

Il chioggiotto ed i suoi colleghi, anche se potevano procurare poco danno,   furono  messi a tacere con velate minacce, ma altri avrebbero potuto parlare perché Segna era diventata un movimentato centro  in cui avventurieri di ogni genere e ambigui personaggi in cerca di facili guadagni facevano tappa frequente.

Eliza poteva passare, grazie al suo aspetto ed a una certa dimestichezza con le lingue ed i dialetti locali, come una suddita austriaca, una nativa della Carniola che aveva conosciuto Alvise durante i suoi frequenti spostamenti ad Idria e ciò poteva momentaneamente risolvere il problema, ma prima o poi la verità sarebbe venuta a galla.

Alvise si incontrò ad Albona con il padre, gli riferì di aver conosciuto la giovane nei pressi di Postumia e gli chiese la disponibilità di un alloggio in città o nelle immediate vicinanze.

Marco intuì che dietro quel racconto e quella narrazione un pochino enfatizzata, il giovane non era un abile dissimulatore,   ci fosse qualcosa di poco chiaro, mai però avrebbe immaginato che quella ragazza così graziosa e spigliata fosse una uscocca.

Eliza comunque per prudenza venne confinata in una grande casa cinta da alte mura e da lì non le fu permesso di muoversi se non in compagnia di Alvise che, impegnato com’era con i suoi nuovi traffici, rientrava a Rabaz solo nei fine settimana e  quando gli impegni presi glielo permettevano.

Allora approfittava, senza porsi dei  limiti  che decenza e convenienza avrebbero imposto, della ragazza saltando ogni preambolo ed allontanandosi subito dopo aver soddisfatto i  propri consistenti appetiti.

Se Segna era diventata una prigione per la ragazza, lì era ancor peggio ed ad Eliza non rimaneva che restare in perenne attesa fissando quel mare che, poco più a sud, bagnava anche la sua terra   irrimediabilmente perduta.

Alvise infatti, dopo una travolgente, ma breve sbandata per quella che ormai considerava solo una preda, era sempre più occupato e si concedeva, di tanto in tanto, qualche scappatella. Eliza, da oggetto di desiderio, era diventata una delle tante prede da inserire in un carniere ormai stracolmo.

Rimaneva però il pericolo in agguato: se si fosse sparsa la voce sulle origini e la provenienza della ragazza, per lui sarebbero stati seri problemi considerando che gli uscocchi erano discriminati non solo dai sudditi della Serenissima, ma anche da quelli dell’Imperatore che li sfruttavano senza ritegno alcuno considerandoli alla stregua di animali.

Occorreva rimediare e farlo velocemente prima che scoppiasse lo scandalo: Alvise, dimostrando grande cinismo, optò per una soluzione violenta, l’unica che gli pareva adatta a preservare il proprio buon nome, quello della famiglia  e di riflesso gli affari che, in quel momento, procedevano a gonfie vele.

Per evidenti motivi si poteva fidare solo del chioggiotto che aveva appena raccolto a Venezia diverse testimonianze di prima mano: gli uscocchi erano stati deportati  sui monti Gorianci in ottemperanza al trattato di pace firmato dall’Austria sconfitta con la Serenissima.

Pochi erano riusciti a sottrarsi a questo trasferimento e quasi esclusivamente  coloro che, anticipando i tempi come aveva fatto il montenegrino, avevano abbandonato Segna prima che si concludesse la guerra di Gradisca.

Alcuni disperati avevano deciso di attraversare l’Adriatico verso le coste della Romagna o più a sud, altri si erano invece rifugiati sui monti alle spalle di Segna con alterne fortune, mentre i più intraprendenti si erano dispersi in  Dalmazia sfidando la sorte.

Quando Eliza venne a conoscenza dei fatti iniziò a tormentare il compagno affinchè al nucleo più compatto degli uscocchi, quelli dei Gorianci, fossero recapitati degli aiuti, generi di prima necessità. Le dava man forte la sorella di Alvise che, dopo essersi allontanata dalla casa paterna, si era messa a frequentare la giovane uscocca.

Fiorina, questo il nome della ragazza, aveva un carattere sensibile e si perdeva in fantasticherie di ogni genere immaginando fosse possibile, in quel tormentato periodo storico, realizzare un mondo perfetto dove gli uomini fossero dediti solo al raggiungimento del comune benessere sia spirituale che materiale.

Certamente influenzata dai racconti partigiani e faziosi della giovane amica che descriveva le  imprese, per lei  eroiche, degli uscocchi in maniera edulcorata quasi fossero ancora i difensori della Cristianità contro il  feroce nemico Ottomano, si era fatta un’opinione molto  distorta di quelli che, in sostanza, erano solo feroci predoni avendo da anni abbandonato ogni ideale.

Seguendo comunque le proprie convinzioni e nell’intento di soccorrere delle popolazioni che tanto avevano sofferto per arginare la prepotenza turca, si disse disponibile ad accompagnare Eliza verso le lontane montagne in cui erano stati confinati quei paladini difensori della cristianità.

Alvise non era al corrente della cosa né dell’amicizia che legava le due donne per cui  il suo piano prevedeva semplicemente, se così si può definire un disegno tanto abietto, l’eliminazione fisica della giovane e del chioggiotto che avrebbe dovuto accompagnarla nell’impresa. Una decisione impulsiva e sconsiderata per mettersi al riparo da ogni futura complicazione.

Avrebbe assecondato Eliza predisponendo un carico di generi di prima necessità che lei ed il mercante avrebbero trasportato su un barroccio sino ai Gorianci. La giovane donna doveva però far credere ad Albona e nei dintorni di volersi recare in visita ai propri genitori che risiedevano, questo si era voluto far credere, nei pressi di Postumia.

Il carro doveva quindi avviarsi verso nord, entrare nella Carniola e, appena possibile, presumibilmente a Sodracizza, svoltare ad oriente sino a raggiungere i monti dal versante nord.

Due delinquenti, assoldati da Alvise,  avrebbero atteso gli sventurati in un luogo imprecisato lungo questo difficile percorso e li avrebbero soppressi tendendo loro un agguato: così si regolavano le questioni in quel tribolato periodo storico!

Ignari di cosa si stava tramando alle loro spalle, Eliza,  il chioggiotto e Fiorina partirono con un carro stracolmo  di cibo e medicinali prendendo la strada del nord.

Domandando a destra ed a manca riuscirono a scovare la strada per Sodracizza e da qui proseguirono abbastanza speditamente sino a raggiungere il versante settentrionale dei Gorianci.

I due malavitosi li attendevano presso Villabassa avendo ottenuto da Alvise una sommaria descrizione del carro stracolmo e delle due persone, un anziano di grossa corporatura ed una esile e graziosa ragazza, che montavano a cassetta.

In teoria non sarebbe stato difficile individuare un tale convoglio, ma il destino aveva deciso diversamente per cui Eliza ed i due compagni di viaggio sfilarono senza problemi dinanzi agli occhi attenti dei sicari ed al loro posto furono aggrediti ed accoltellati, dopo un  agguato, un anziano fornaio e la sua giovane figliola che procedevano lentamente con il loro  carico di farina verso un centro abitato della zona.

D’altro canto il luogo, la descrizione che Alvise aveva fatto delle persone e lo scarsissimo transito convinsero i due malavitosi di aver portato a termine, senza problemi, la loro missione.

 

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